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Albenga, ecco tre nuove De.Co

Il fagiolino bobis, la pesca al “ressaggiu” e la scorzonera bianca. La commissione,  formata dal sindaco Riccardo Tomatis, gli assessori Silvia Pelosi e Mauro Vannucci, oltre che da Luisa Elena, Lara Ravera, Roberto Pirino e Stefano Pezzini, a seguito di un percorso accurato di ricerca e uno studio approfondito sui prodotti, ha approvato tre nuove De.Co..

La denominazione comunale di Origine è un riconoscimento che gli enti locali, i comuni, attribuiscono a quei prodotti agroalimentari, artigianali e attività tipiche che sono particolarmente caratteristici di un territorio e ritenuti in qualche modo “tipici” e legati storicamente al territorio.

Afferma Ilaria Calleri consigliere delegato alla valorizzazione dei prodotti del territorio: “Albenga può vantare tre nuove De.Co. che si aggiungono alle prime cinque già riconosciute. La denominazione comunale di Origine può e deve essere uno strumento di promozione della nostra città nell’ambito del turismo e dell’enogastronomia settore in forte crescita”.

“Dietro alla nascita di una De.Co. c’è un lavoro enorme svolto con passione e professionalità da esperti. Per le nostre tre nuove De.Co. ringrazio in particolare l’agronomo Luca Lanzalaco, il professor Mario Moscardini per aver reperito l’ampia documentazione utilizzata per i disciplinari e Roberto Ruaro per la documentazione fotografica. Ringrazio inoltre la commissione e tutti i privati che credono fortemente nel marchio e che hanno già aderito presentando il modulo per poterlo utilizzare”.

“Le aziende e le attività che vogliono utilizzare il marchio De.Co. potranno presentare gratuitamente una semplice istanza specificando le proprie caratteristiche e la denominazione che intendono utilizzare. Il modulo si trova sul sito istituzionale del Comune di Albenga (vedi link CLICCA QUI)”, conclude la consigliera Calleri.

Il fagiolino Bobis (Phaseolus Vulgaris L.) di Albenga è conosciuto comunemente sul nostro territorio come “fagiolino pelandrone”, un curioso appellativo dovuto al fatto che, a parte il lavoro di impianto, non ha bisogno di grandi cure per radicare e crescere, e per il loro pregio dell’assenza di filamenti nel baccello che permette di cuocerli senza  una particolare preparazione. E’ un tipo di ortaggio molto leggero che può essere cucinato in modo semplice: scottato o al vapore, condito con un filo d’olio extravergine d’oliva e poco sale, buono sia caldo che freddo. Ed è proprio per questi motivi che, secondo le testimonianze degli albenganesi, era la principale portata di un pranzo in spiaggia o di un giro in barca.

La pesca al “ressaggiu”: si tratta di una tecnica che entrò a far parte della tradizione della città di Albenga. Rappresenta un’affascinante spettacolo che richiamava tanti ammiratori sui marciapiedi del lungomare, dove le reti venivano messe ad asciugare dopo essere state utilizzate e che trovava alla foce del fiume Centa le condizioni ideali per la sua pratica. Il tipo di fondale ideale è, infatti, quello dotato di un fondo sabbioso e con piccole pietre, perché ostacoli e scogli possono infatti far impigliare la rete. Si pescavano soprattutto branzini che, per la loro natura, spesso si trasferivano dalle acque salate del mare a quelle salmastre della foce. La pesca con il rezzaglio è una tecnica molto antica. Ad oggi nella nostra città sono rimasti più pochi appassionati a praticare questo tipo di tecnica, a causa anche della mancata continuità delle nuove generazioni, ma ancora oggi in alcuni momenti dell’anno si possono ammirare diversi pescatori che si recano alla foce cimentandosi in questa e vera propria arte. Il rezzaglio è una rete di forma circolare con una corda legata al centro, lungo la circonferenza sono presenti dei piombi che favoriscono la rapida caduta verso il fondo e le dimensioni delle maglie si restringono allontanandosi dal centro. La rete viene raccolta accuratamente dal pescatore, viene poi lanciata in acqua con una torsione del busto. A differenza di altre reti da pesca non deve essere calato in acqua, ma lanciato.

La scorzonera bianca (Tragopogon porrifolius L.), il cui nome deriva dal termine catalano “escorso” che significa “vipera”, in quanto in epoca medievale veniva considerata un antidoto al morso dei serpenti, è un ortaggio antico, la cui origine è piuttosto incerta,  appartiene alla famiglia delle Asteraceae e viene coltivata per le radici commestibili, lunghe e sottili. Diversa dalla Scorzonera sia per le caratteristiche esteriori sia per la differenza nel gusto, la Scorzobianca in Liguria viene tradizionalmente coltivata nella piana Albenganese. E’ una radice cilindrica che arriva a misurare fino a 35 cm di lunghezza, liscia, carnosa e di colore bianco crema. Le foglie sono lanceolate simili a quelle del porro ed ha un sapore delicato e leggermente dolce, effetto dovuto all’inulina, lo “zucchero buono” ben tollerato dal nostro organismo. Questo umile ortaggio, ma dalla grande nobiltà di gusto e ad oggi poco conosciuta e diffusa nella nostre cucine, era un classico del pranzo di Natale ed era spesso presente come contorno nei menù  dei  matrimoni in quanto si abbina splendidamente sia al pesce che alla carne. È un’ottima fonte di vitamine e Sali minerali ed è particolarmente indicata per le persone diabetiche e per la regolazione del transito intestinale, molto depurativa in quanto favorisce lo smaltimento delle tossine per il suo alto contenuto di fibra, contiene pochissime calorie ed è importante segnalare il contenuto di potassio, calcio e fosforo.

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