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La nascita della "Rumorosa"

La Rumorosa
Era il 1936. A quel tempo non esisteva ancora la televisione (le prime trasmissioni sarebbero iniziate solo nel 1954) e i bar, i caffè e le osterie, la sera, erano molto più affollati di oggi. Il modo di vivere dei Savonesi era, allora, ovviamente, profondamente diverso dall’attuale.
Una delle osterie più frequentate, in quel periodo, era certamente quella de “a Laurìn”. Si trovava nella vecchia via Scaria, in una di quelle strade – oggi purtroppo scomparse – che componevano il quartiere della Calata e che, dopo esser state danneggiate dai bombardamenti del 30 ottobre del 1943, finita la guerra, sarebbero state inesorabilmente cancellate.
Calata
La via Scaria, in particolare, si stendeva tra la piazza Colombo e la calata Pietro Sbarbaro, a due passi dal porto di Savona. “A Laurìn” era la vedova di Alberto Bozzano, soprannominato, appunto, Il Bersagliere, già valido atleta della “Fratellanza Ginnastica Savonese”, dirigente della Cooperativa Sbarchi e Imbarchi di Savona. Anni prima, lei e il marito avevano gestito la Trattoria del Bersagliere” di via dei Mille (la cui prima, originaria ubicazione era stata in piazza Garibaldi, l’attuale piazza Diaz); poi, quando avevano avuto inizio le demolizioni delle antiche case del Borgo d’Alto per realizzare il prolungamento a monte dell’odierno corso Italia, i due proprietari erano stati costretti a spostare il loro locale ed erano andati a finire, appunto, in via Scaria. Alla morte del Bozzano, “a Laurìn”, essendo ancora forte e in salute, aveva deciso di continuare a condurre la trattoria, frequentatissima dai portuali, dai marinari e dai facchini della vicina piazza delle Erbe. Della “Laurìn”, in particolare, ci ha tramandato uno splendido ricordo “Beppìn da Cà” in un articolo che apparve sul quotidiano “Il Lavoro” il 15 ottobre del 1939: «Sempre serena e sempre gentile, donna eccezionale, coraggiosa, saggia lavoratrice», “a Laurìn” era una tipica «franca popolana, robusta e aitante, dalle forme scultoree e dal largo petto per contenere il suo cuore grande e generoso». Vedendola all’opera e guardando i suoi occhi chiari, ci si accorgeva immediatamente della sua rettitudine e della grande forza di volontà che la animavano. “Laurìn” era sempre «cortese, gentile con tutti», sapeva «trattare, tollerare e anche compatire i suoi clienti, ma» era «anche capace di prenderli per il colletto con due dita e metterli in strada se» osavano «mancare alle regole della buona creanza; cosa che però non» succedeva mai, perché bastava «una sua occhiata o un gesto per mettere a posto i più noiosi e scoccianti qualora» fosse venuto «loro voglia d’alzar la cresta». “Laurìn” era sempre pronta a servire tutti i suoi clienti e ad apparecchiare «nella linda cucina quei buoni piatti che» sapeva «ben cucinare a puntino, da quella famosa cuoca» ch’era sempre stata.
Fu dunque in una lontana sera del 1936, mentre erano seduti a tavola nell’osteria di “Laurìn”, che un gruppo di giovani (e meno giovani) savonesi, amanti della buona musica, decise di dar vita ad un’orchestra folcloristica che avesse il compito di rappresentare nel modo migliore lo spirito della città vecchia (che faceva capo a via Baglietto e via Chiodo, piazza Pescheria, piazza delle Erbe, piazza Colombo, via Scaria e limitrofe calate e caruggi): quartiere che essi, scherzosamente, decisero di ribattezzare col nome di “Borgo della Scienza”, contrapponendolo a quel “Borgo dell’Arte” che non era altro che il centro cittadino, il cui luogo indiscutibilmente più illustre era il famoso “Caffè Euterpe” di via Niella. Erano tutti musicofili, si è detto, ma quasi tutti dilettanti: e come avrebbe potuto essere altrimenti, costretti com’erano dai pesanti orari di lavoro che dovevano quotidianamente osservare? Ma amavano la musica, e la eseguivano come potevano. Erano dotati di molti strumenti a plettro, di chitarre e mandolini, e anche di una fisarmonica. Per molti che avevano la ventura di ascoltarli, lì nell’osteria della “Laurìn”, facevano solo del gran rumore: e proprio per questo, facendosi un vanto dell’offesa ricevuta, essi decisero alla fine di battezzare il loro simpatico gruppo col nome di “La Rumorosa”. I primi membri di questa nuova orchestrina erano tutti portuali, facchini, vecchi marinai; ma ne faceva anche parte qualcuno dei commercianti all’ingrosso di piazza delle Erbe: e un “ciassè” era proprio il Direttore della “Rumorosa”, Domenico Calcagno, soprannominato “Mingo”.

Domenico Calcagno in una caricatura di Beppìn da Cà
Domenico Calcagno in una caricatura di Beppìn da Cà

Il gruppo, poi, era nobilitato dalla presenza di alcuni ex componenti della squadra dei “Cantori del Brandale”. Due anni dopo, nel 1938, per sfida e imitazione, nel “Caffè Euterpe” fu costituita “La Fastidiosa”. Qualche tempo dopo, nell’estate del 1939 – come ci testimonia ancora Giuseppe Cava che vi dedicò un articolo che apparve su “Il Lavoro” il 20 luglio 1939 –, i membri della “Rumorosa”, «squadra di musici e di cantori allegri e mattacchioni», fecero una storica visita ai membri della consorella “Fastidiosa” recandosi nel loro stesso «Covo», nel “Caffè Euterpe”, «condotto dal simpatico filomusicante “Litto”» (Valentino Silan) «che per la circostanza» fece «gli onori di casa e dei casigliani gremiti in ascolto alle finestre, sudando parecchie camicie» (circostanza che fu facilitata dall’afosa serata), «illuminando a giorno il locale con festoni di lampadine sui quali splendeva il grosso stellone d’Italia propiziatore». La “storica” visita culminò con l’esecuzione, da parte delle due orchestrine, della «musica più gaia del repertorio italiano, napoletano, cicciolaro e dagli scoppi tambureggianti d’un continuo fuoco di fila di turaccioli delle bottiglie di barbera, allineate sui tavoli simili a protettive batterie contro le incursioni della malinconia e della noia, tenute, del resto, sempre lontane dai fragorosi strumenti inventati da un popolo cui lo spasso armonioso e giocondo», come scriveva Cava, formava «l’essenza della vita».
Rumorosa 2
Ma ecco la cronaca di quell’incontro, cui assistette lo stesso “Beppìn da Cà”: «Più di un successo, la “Rumorosa” ha riportato un successone, travolgente, comunicativo con la scelta esecuzione di musiche e canti scapigliati, perfettamente eseguiti con brio, comicità, vivezza tali da trasformare un teatro anatomico nel più delizioso e allegro dei ritrovi; successo che non poteva mancare per gli ottimi elementi dei quali è composta sotto la direzione del giovane, roseo maestro “Mingo” Calcagno, occhialuto quanto un professore e con un faccione da luna piena d’agosto che fa sberleffi alle amiche stelle, del quale ho schizzato la macchietta in uno dei suoi culminanti momenti d’estasi musicale. A metà programma, fra scoppi d’applausi e di ilarità, il bravo “Mingo” fece l’umoristica presentazione dei suoi elementi, cominciando da Celestino, il più stoccaiso e infervorato dei musici cantori, dallo spettacoloso strumento sul quale troneggia una simbolica scimmietta, per finire con Secondino, Figaro maggiore di tutti i Figari, pugilista, incassatore e famoso tamburellista non con la palla, senza però dimenticarne alcuno e dirne con quattro battute in levare e tre bemolle in chiave, espressive e colorite, il tipo e i singolari meriti artistici connaturati; Pierino Rampini, cacavellista diplomato al conservatorio dei “Fraighi” a prova di pomidori; Agostino, pizzicatore non pizzicagnolo di chitarella bella; “Giabetto”» (soprannome di Leopoldo Siri, che col fratello Giovanni gestiva al porto una ditta di demolizioni navali) «triangolista, che ad ogni finale dà sempre un colpo in più, per distinguersi con a solo scoperto e attirar l’applauso; “Angìn”, prode scigoellista naturale e usignolo futuro milionario (auguri!); “Napule o bello”, cicciollaro partenopeo e foresto della Campanassa, gnaccherista e pernacchista di grazia; Tambuscio, mandolinista trillante e brillante; Rosati, violinista gommoso flessibile, toscano di quelli che si possono passabilmente fumare; Scarabelli, altro violino di spalla senza stanghe; e poscia Pierino, biondino, pallidino, lattonaro, chitarrista con tutte le cinque dita e raffinato enologo, vice presidente con Presottino, biondino, cega sessantenni autentiche, i quali con la amabile gagliarda e gentile “Laurìn”, formano la triade animatrice della squadra del “Borgo della Scienza”. Dopo la declamazione applaudita di una poesia di circostanza del caro poeta Gerolamo Camerano» (elettricista e poeta savonese, nato il 1° settembre 1881 e morto il 1° maggio 1942), «dai bei versi inneggianti alla musica e all’allegria, venne, offerta ai “Fastidiosi” una corona di ferro… stagnato, artistica fatica del Vice Presidente Pierino, affinché venga conservata qual pegno di fratellanza musicale da parte dei “Rumorosi”, in mezzo a un vero uragano di acclamazioni ilari e vivaci. La visita ebbe termine al ritmare delle saracinesche che s’abbassavano; e senza di ciò sarebbe continuata tanto era il fervore musicale di cui i componenti delle due squadre si mostravan pieni di protrarre sino al mattino la bella manifestazione d’amichevole cordialità e cameratismo che la ininterrotta salve delle cento bottiglie sturate, aveva elevata al culmine  dell’espansione,  senza dar luogo al menomo incidente di sorta. Altri incontri avverranno fra le due squadre, che si preparano a portare nei dintorni la allegra festosità da cui sono animate, ed auguriamo ad esse i maggiori successi, affinché il programma che si sono imposte di divertirsi e far divertire, possa esser largamente svolto in letizia, gaiezza e serenità di spirito e di cuore, come quello avvenuto sere sono». Concludeva Cava: «Bravi giovanotti! La vita è breve e non si conta dagli anni, bensì dalla somma dei piaceri che se ne può ricavare». Frase, questa, quanto mai significativa: le armate hitleriane avrebbero invaso la Polonia neppure un mese e mezzo dopo, trascinando tanti di quei «bravi giovanotti» in una tragedia terribile che avrebbe segnato drammaticamente, e per sempre, le loro vite. A corredo di quest’articolo, pubblichiamo una fotografia del 1936 ritraente i componenti della “Rumorosa” di quell’anno.
Rumorosa 1
Domenico Calcagno è il quarto da sinistra, in prima fila, seduto, con gli occhiali. Ci farebbe particolarmente piacere se qualcuno dei nostri lettori, guardando la foto e riconoscendovi magari uno dei suoi cari, ci aiutasse ad identificare qualcuno di essi; così come ci sarebbero gradite altre testimonianze sulla nascita della “Rumorosa”.
Giuseppe Milazzo

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